25 Aprile 2025 – I nostri giovani
25 apr 2025 12:00

25 Aprile 2025 – I nostri giovani

25 aprile 2025 - 80° anniversario della Liberazione

Gli interventi dei nostri giovani antifascisti

Test

Come succede da qualche anno, l’ANPI di Molfetta con il coordinamento antifascista, costituito da partiti (PD, Rifondazione comunista, PSI e Azione, Verdi e Sinistra), associazioni (Città dell’uomo, UNESCO, Carro dei comici, Conterosso social club, Tessere, Legambiente, Amnesty), sindacati (CGIL; CISL) e movimenti (Rinascere, Area pubblica, Alternativa; Osservatorio regionale per i Neofascismo, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’Università), nella mattina del 25 aprile, dopo la manifestazione istituzionale, ha organizzato una festa del 25 aprile, la cui conduzione è stata portata avanti principalmente da alcuni ragazzi.

Con un sottofondo musicale di Corrado e Donato, alcuni ragazzi hanno letto poesie, hanno espresso cosa sia per loro il 25 aprile e hanno espresso riflessioni sui massacri inflitti al popolo palestinese.

Test

Discorso di Andrea
80ESIMO ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

Buon 25 aprile a tutti e a tutte.
Oggi è l’ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo, ma più passa il tempo
e più c’è l’impressione che la data del 25 Aprile 1945 sta diventando una nozione qualunque
di storia che perde di anno in anno il suo valore autentico. Studiare il passato é
importantissimo, ma in giornate come queste non basta solo conoscere la paginetta di
storia: bisogna fermarsi e riflettere. Dobbiamo necessariamente dare un nuovo significato al
25 aprile. Se ci fermiamo un attimo e pensiamo alla Resistenza partigiana che ha combattuto per
liberare il Paese dell’oppressore, vediamo che la stessa cosa che è successa a noi
esattamente ottant’anni fa, sta succedendo oggi in Palestina.
E quando parliamo di Palestina dobbiamo smetterla di chiamarla “guerra” perchè quello che
sta avvenendo a Gaza si chiama GENOCIDIO!

I palestinesi sono un popolo oppresso proprio come lo eravamo noi durante l’occupazione
nazi-fascista; e proprio come hanno fatto i nostri partigiani e le nostre partigiane, il popolo
palestinese sta facendo la Resistenza. Si chiama Genocidio e non guerra perchè è un conflitto con il fine ultimo di compiere una
pulizia etnica dei palestinesi che abitano quella terra, con l’intenzione di uccidere
sistematicamente tutti i civili di quella popolazione: lo stesso orrore che ci siamo ripromessi
di non rivivere più nella storia proprio dopo l’Olocausto.

Il popolo palestinese è tradito e abbandonato dall’Occidente, e in questa situazione di abuso
e sopruso ha il diritto alla Resistenza come unico mezzo per arrivare alla
autodeterminazione dei popoli.

E cosa vuol dire oggi celebrare la Liberazione dal nazi-fascismo dopo 80 anni da quel 25
Aprile 1945? Vuol dire non restare indifferenti a quello che succede in Palestina; non dimenticarci dei
popoli oppressi e perseguitati di tutto il mondo; e quindi non fermarci all’informazione che i
nostri media occidentali ci trasmettono.

Ilan Pappè, storico contemporaneista, dopo la grande indignazione dell’Occidente in seguito
ai fatti del 7 ottobre 2023, ha scritto un libro che fa il punto della situazione su come si è
arrivati fino a qui, e il titolo è emblematico: Palestina-Israele. Storia di una occupazione.

L’autore si è impegnato a garantire la distribuzione gratuita del volume agli studenti e alle
studentesse anche qui da noi, nelle nostre Università, grazie all’intermediazione di FILLEA
CGIL. Celebrare oggi l’ottantesimo anniversario della Liberazione vuol dire SUPPORTARE a livello
mediatico questo tipo di comunicazione informata che va contro le logiche degli oppressori.

Diceva Marc Bloch, fucilato dai tedeschi durante la guerra in Francia:

”[…] come se,
soprattutto, il ruolo d’un termine, nella lingua, non fosse condizionato, quanto il proprio
passato, dallo stato contemporaneo del vocabolario: riflesso, a sua volta, dello stesso stato
sociale del momento […]”

E allora vi chiedo, voi come definireste in italiano un uomo che, per difendersi
dall’oppressore ed esercitare quindi il suo diritto alla Resistenza, è costretto a combattere e
quindi anche ad uccidere? Terrorista o Partigiano?

Se la domanda vi pone in imbarazzo vuol dire che Bloch ha ragione: il vocabolario è cambiato
perché è cambiato lo stato sociale delle cose, che un tempo ci vedeva dalla parte degli
oppressi, adesso ci vede complici degli oppressori.

Dopo ottant’anni noi siamo obbligati a riflettere su questo e prendere consapevolezza del
mutarsi dello stato delle cose e del contesto in cui viviamo.

Siamo obbligati a ripensare all’articolo 11 della nostra Costituzione dove si dice
espressamente che

“l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli […]
consente un ordinamento che assicuri la PACE e la giustizia fra le Nazioni.”

Parlare di Liberazione oggi, 25 Aprile 2025, vuol dire riflettere sul significato di pacifismo
che volevano trasmetterci quei partigiani e quelle partigiane che hanno dato la vita in nome
della Pace.

Italo Calvino, un altro testimone della Resistenza, scriveva così nel suo noto romanzo Il
sentiero dei nidi di ragno
:

“I sogni dei partigiani sono rari e corti, sogni nati dalle notti di fame, legati alla storia
del cibo sempre poco e da dividere in tanti: sogni di pezzi di pane morsicati e poi chiusi
in un cassetto. […]”

Da quei rari e corti sogni fatti in condizioni di fame atroce; da quegli uomini e quelle donne
che hanno versato il sangue e sono morti e morte si è realizzato il sogno più bello di tutti:
la COSTITUZIONE.

Ecco chi sono i veri criminali: tutti coloro che non si definiscono apertamente antifascisti!

Non è un mero gioco di retorica, ma è una presa di consapevolezza per dire da dove veniamo;
cosa condanniamo e da quale parte della storia ci schieriamo.

Essere oggi antifascisti e antifasciste all’ottantesimo anniversario della Liberazione vuol dire
ONORARE la nostra Costituzione e combattere contro tutti coloro che non la digeriscono e
che sputano sul sangue dei nostri partigiani e delle nostre partigiane che hanno dato la vita
per la realizzazione di questo meraviglioso sogno.

Celebrare oggi l’ottantesimo anniversario della Liberazione vuol dire DIFENDERE a qualsiasi costo
la nostra Costituzione da qualsiasi partito politico intende minare i suoi principi di LIBERTÀ
e UGUAGLIANZA che rendono il nostro un PAESE DEMOCRATICO e ANTIFASCISTA.

Concludo con un’ultima importante testimonianza della Resistenza tratta da un discorso sulla
Costituzione tenuto nel gennaio 1955 da Piero Calamandrei:

“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione,
andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati,
nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e
la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Test

Discorso di Rossella
Siamo giovani antifascisti e antifasciste che vivono le contraddizioni del presente ma
siamo qui oggi a parlare del prendere parte, un tema apparentemente lontano ma estremamente
attuale nella quotidianità in cui viviamo.

Il nostro è un appello generazionale a non restare fermi a guardare e giudicare.

Oggi ricorre l’ottantesimo anniversario della Resistenza: il 25 aprile del 1945 è la data
simbolo della fine della dittatura fascista e avvio della nascita della Repubblica.

I Partigiani e le partigiane sono insorti; si sono organizzati; si sono armati; si sono battuti e sono morti in nome delle libertà negate, dal loro sangue è nata la nostra Repubblica. Sapevano cosa non doveva ripetersi e ciò di cui aveva bisogno il nostro Paese per fondare una società libera uguale e giusta per tutti.

L’ antifascismo nasce come pluralità di posizioni. Un principio trasversale che attraversa diverse bandiere politiche, classi sociali, provenienza geografica ed età. All’obiettivo hanno contribuito in molti: oltre 22mila giovanissimi tra i diciassette e i diciannove anni, 24mila tra i venti e i ventitré anni, 14mila tra i ventiquattro e i trent’anni.

In quanto ragazze e ragazzi non ci sentiamo lontani dai partigiani, molti erano giovani della nostra età che si sono ritrovati in un contesto che li ha portati davanti a una scelta: restare indifferenti o scendere in campo e combattere.

Troppo spesso ci viene detto da chi è nato qualche decennio prima di noi, che noi, nuove generazioni, siamo spesso inermi e disinteressati verso quanto nel mondo succede. La verità è che nel nuovo millennio ci troviamo in un contesto nel quale le premesse per migliorare e attivarsi sono automaticamente più basse.

E invece noi, come nuove generazioni dobbiamo alzare la nostra voce, far valere i valori democratici, valori legati ai diritti civili e sociali, al cambiamento climatico e a quanto non ci permette di vivere a pieno la nostra giovinezza e quella di chi verrà dopo di noi.

Non dobbiamo dimenticare che se siamo qui adesso a parlarne, è perché i principi di libertà e di uguaglianza della nostra Costituzione ce lo permettono. È anche questo che ci rende un paese democratico. Vogliamo dimostrare che i giovani che resistono ci sono, siamo noi.

Non possiamo e non dobbiamo vivere e restare fermi contro chi vorrebbe che vivessimo in una bolla, chiusa e completamente indifferente nei confronti delle minoranze, delle disuguaglianze.

Quindi è vero, viviamo le contraddizioni del presente, ma proprio per questo non dobbiamo rassegnarci. Dobbiamo metterci in gioco tutti i giorni per cambiare ciò che non ci piace affinché non dimentichiamo che la storia dei giovani partigiani è la storia del rifiuto ad accettare la realtà così come ci viene imposta dal potere.

Test

Discorso di Francesca
Carta d’identità

Scrivi : sono un arabo;
la mia carta porta il numero cinquantamila.
Ho otto bambini,
e il nono nascerà dopo l’estate.
Ti dispiace forse ?
Scrivi : sono un arabo;
impiegato con i compagni della miseria in una cava,
ho otto bambini
per i quali dalla roccia
ricavo il pane,
i vestiti ed il quaderno.
Non chiedo la carità alle vostre porte
né mi umilio davanti alle piastrelle dei gradini. Ti dispiace forse ?

Mio padre …viene dalla stirpe dell’aratro
non è un figlio di signori privilegiati,
mio nonno pure era un contadino
né ben cresciuto, né ben nato !
Mi insegnava l’orgoglio del sole
prima di insegnarmi la lettura dei libri.
La mia casa è la guardiola di un custode
fatta di rame e di canna.
Sei soddisfatto della mia posizione ?
Ho un nome senza titolo !

Scrivi : sono un arabo;
dai capelli color carbone
e dagli occhi bruni.
La mia descrizione:
un akal[3] sulla kufiyya copre il mio capo;
e il palmo della mano duro come la roccia,
graffia chi lo oserebbe toccare.
Il mio indirizzo è :
un villaggio disarmato … dimenticato
dalle vie senza nomi.

Scrivi : sono un arabo;
avete rubato la vigna dei miei nonni
e la terra che coltivavo
insieme ai miei figli.
Senza lasciare a noi nulla
né ai nostri nipoti …
se non queste rocce.
E’ forse vero che il vostro stato
prenderà anche queste …
come si mormorava ?
Mahmud Darwish

Test

Monologo di Gaia

Immagina.
Immagina una ragazza.
Una come tante.
Con i capelli in disordine e le ginocchia sbucciate,
con un diario nascosto sotto il letto e un sogno nuovo ogni sera.
Una ragazza che ride per niente,
che si sente grande e piccola nello stesso giorno.
Immagina una casa con le finestre spalancate sull’estate,
il profumo del pane,
le risate a tavola,
il suono dei passi del papà che torna dal lavoro ogni sera, sempre.

Immagina una vita.
Una vita qualunque.
Una vita normale.
E poi…
e poi il silenzio.
Le risate si spengono,
E il papà non torna più a casa.
poi il cielo si apre. Ma non per la luce.
Si apre per il rumore.
Per il fumo.
Per la paura.
Un boato.
Un lampo.
E poi tutto tace,
Il silenzio assoluto — che fa più rumore delle bombe.

All’inizio sono solo voci.
“Guerra”, dicono.
“Si combatte lontano”, dicono.
“Non durerà molto”, dicono.
Ma poi arriva.
Arriva la notte in cui la sirena urla più forte del vento.
Arriva la notte in cui la mia casa trema.
In cui il vetro della finestra si frantuma,
In cui mia madre urla il mio nome,
e io non riesco a muovermi.

Ho visto fuoco cadere dal cielo.
Ho visto uomini correre senza sapere dove andare.
Ho visto bambini cercare madri sotto le macerie.
Ho visto la mia scuola crollare.
Il banco dove scrivevo il mio nome,
coperto di polvere e sangue.
Ho visto il volto della guerra.
E non ha occhi.
Non ha voce.

Mi dicono che è giusto.
Che serve.
Che è per qualcosa di più grande.
Ma io non voglio morire.
Voglio vivere per un sogno.
Uno solo. Anche piccolo.
Ma mio.

E allora chiudo gli occhi…
e immagino un mondo.
Un mondo senza allarmi.
Un mondo dove i bambini non conoscono la parola “rifugio”.
Un mondo dove le bombe non volano,
ma lo fanno solo gli aquiloni.
Un mondo dove nessuno ti chiede per chi combatti…
ma solo per cosa sogni.
Un mondo dove la guerra non ha nome.
Non ha spazio.
Non ha più tempo.

Immagino un giorno in cui la guerra sarà solo un capitolo nei libri,
un giorno in cui potremo dire: “Abbiamo imparato.”
E l’avremo fatto davvero.
Un giorno in cui potrò essere solo questo:
una ragazza.
Non un numero.
Non una storia da raccontare.
Solo una ragazza… che può finalmente tornare a sognare.